
di Monica La Torre
INTERVISTA | Michele Rizzo chef dell'Agorà di Rende racconta una gastronomia calabrese fatta di pescato dei due mari, norcineria, cacciagione, prodotti del bosco. L’amore per i prodotti tipici si alterna a quello per la caccia e per il tiro a volo: sport che lo vede impegnato nel gareggiare ai massimi livelli.
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Compiere 32 anni, un tempo, era considerato come entrare nell’età di mezzo. La consacrazione, il fulgore dell’attività umana, la piena maturità. E oggi? Ai giorni nostri, nella stragrande maggioranza dei casi, a quell’età si indugia ancora tra casa della mamma, le partite a calcetto con gli amici, le serate nei locali.
Non è così per Michele Rizzo, chef di rango e uomo all’antica a dispetto della giovanissima età, diventato cameriere per puro caso, a 15 anni, e che a 23 anni aveva già aperto un ristorante tutto suo, in autonomia, e senza che in famiglia nessuno avesse “precedenti” in tal senso. Caricandosi perciò oneri e onori di un’impresa: dal mutuo alle buste paga. Oggi, questo decisionismo, mediato da un’attenzione per la cucina che da dovere professionale è deflagrato in passione vera, lo vede saldo al timone di uno dei ristoranti più gettonati del cosentino: l’Agorà di Rende.
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